RE CARLO NON RITORNERÀ DALLA GUERRA, NON ESSENDO PARTITO, PUR CONTINUANDO A FORNIRE AIUTO CONCRETO A ZELENSKY

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
Re Carlo (III) non ritornerà dal fronte, quello ucraino perché neppure c’è andato. È anche vero che abbia prestato servizio per cinque anni nella Royal Army in Nuova Zelanda, quindi è uomo di armi. Fabrizio de André se ne farà una ragione, anche perché quello del quale canta le gesta non proprio regali era tutt’altro personaggio. Ieri, alla cerimonia di incoronazione di Re Carlo III° d’ Inghilterra, quasi certamente qualcuno dei sudditi di quella Corona avrà esclamato ancora “God save the Queen”, dando così conferma dì quanto sia profondo il segno lasciato da Elisabetta nel grande libro della storia. Non solo sull’ isola d’oltre Manica, bensì, non è una esagerazione, sul mondo intero. Strano destino, quello del nuovo sovrano, vissuto per una gran parte della sua esistenza all’ombra dei genitori, per poi diventare re da anziano, per la precisione a 74 anni. Ha conquistato così il primato di essere diventato il re di quella monarchia eletto più avanti negli anni di tutti gli altri, oltre a essere il primo di loro a essersi laureato. Un primo risultato così lo ha già incassato, ma certamente, essendo conosciuto dal mondo intero per i suoi trascorsi di gioventù di ogni genere, non deluderà le aspettative, pur non essendo certo ipotizzabile una sua candidatura a essere citato come un novello stupor mundi. Certo è che il ricordo straordinario che hanno lasciato i genitori richiederà da parte sua un impegno non comune per non sfigurare. Sarà ben altra la sua posizione rispetto a quella del padre che con il suo ruolo di principe consorte ha praticamente dato in uso al mondo una qualifica per un marito che brilla di luce riflessa dalla moglie molto più importante di lui.
Re Carlo quindi ha iniziato la carriera di regnante nel corso di una cerimonia all’interno della abbazia di Westminster che ha ospitato circa duemila invitati selezionati con cura- se così non si fosse agito così, quanti sarebbero stati i presenti? -provenienti da ogni parte del mondo, presente il Primo Ministro di quel regno, Sulak. Tra di loro c’era il Presidente Mattarella, mentre sono stati tenuti alla larga Putin e Lukashenko. Per l’Inghilterra, dopo la Brexit, questo cambio della guardia è stato un altro scossone dall’ inizio del terzo millennio. Basti pensare che uno l’evento del genere più prossimo, quello dell’incoronazione di Elisabetta, risale al 1953. La pompa in quell’ occasione, sottolineata appunto dalla musica di Purcell Pump and Circustance March, fu all’ epoca molto superiore a quella che c’è stata ieri e è stata la benvenuta, ridimensionata per questi tempi non certo di vacche grasse. È quindi da interpretare come un segnale d’avvio positivo, quasi la conferma di una delle prime frasi che ha pronunciato il Re all’inizio della cerimonia è stata: “sono qui per servire, non per essere servito”. Peccato non abbia aggiunto quanto costi ai sudditi quel servizio. Solo per curiosità: se Mary Quant fosse stata ancora in vita, sarebbe stata presente alla cerimonia? Dopo la Brexit quel paese sta affrontando la più grave crisi socioeconomica del dopoguerra e il nuovo re non potrà contare sulla collaborazione di un personaggio del carisma di Sir Winston Churchill, come invece accadde per suo nonno Re Giorgio VI°.
Non tralasciando il fatto che quell’ inquilino del n°10 di Downing Street, spesso ricordato per i suoi trascorsi in campo militare, fu soprattutto un economista, assertore più che convinto della validità del mercato libero nonché suo convinto sostenitore. Peraltro quello stesso Capo del Governo ebbe molto a cuore l’apparato fiscale del regno, allora ancora un Impero nel senso più stretto del termine. Carlo, come capo del Commonwelt, si è venuto a trovare al vertice di una comunità sociale di due miliardi e mezzo di persone. Pur essendo costoro cittadini liberi di stati indipendenti, comunque lo considerano il loro capo e l’Inghilterra punto di riferimento per gli affari dei loro paesi. Quando si afferma ciò, per valutarne in pieno la portata, non bisogna tralasciare di far mente locale al fatto che tutti i paesi retaggio di quell’ Impero che non esiste più, godono ancora di vantaggi commerciali per il loro import-export verso l’isola d’oltremanica di tutto rilievo. Uno per tutti l’abbattimento di imposte e tasse sui prodotti a essa destinata o dalla stessa provenienti. Inoltre vale per essi la clausola della nazione favorita che costituisce per quegli ex componenti dell’Impero che fu una forma di approdo sicuro in caso di tempesta sul mercato mondiale. Ritornando a quanto è successo ieri a Londra, non voglia l’affermazione che segue peccare di irriverenza da parte del Paese a quella Monarchia, ma quanto sta ancora succedendo a Napoli per la vittoria dello scudetto, un telo oscurante, seppur leggero, lo avrà certamente messo sulla cerimonia londinese.
Alla fine non sará un grosso handicap per la nuova famiglia reale. Re Carlo ha già annunciato che il suo regno terrà in buon conto i principi democratici, rafforzandoli se sarà necessario.
Quindi, mentre a Napoli si continuerà a festeggiare, come per tradizione, all’incirca fino alla fine del prossimo campionato, Re Carlo dovrà fare buon viso a cattivo gioco ritornando presto (relativamente) al tavolo da lavoro.
Da appassionato di agricoltura e degli animali, sa bene che questi ultimi devono mangiare tutti i giorni. Pertanto dovrà prendere al più presto il …toro per le corna, la crisi economica che affligge anche i suoi sudditi, collaborando con il Primo Ministro Sulak, perché essi non debbano limitarsi a mangiare prevalentemente Fish and Cheeps e possano concedersi qualche bistecca di angus. Buon lavoro, allora e God save the King.