STRANE, ANCHE STRAORDINARIE SONO LE REAZIONI CHE POSSONO VENIRE FUORI SOTTO STRESS, IN PARTICOLARE, AL MOMENTO, QUELLO IDRICO.

STRANE, ANCHE STRAORDINARIE SONO LE REAZIONI CHE POSSONO VENIRE FUORI SOTTO STRESS, IN PARTICOLARE, AL MOMENTO, QUELLO IDRICO.
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UNO SGUARDO DA PONTE

di Domenico Ocone

Ieri a New York è iniziata la tre giorni mondiale dell’acqua, sotto la supervisione dell’ ONU. Una convention così importante sullo stesso argomento non era stata più organizzata dai primi anni ’70. Quando l’attenzione di una comunità è catturata da eventi di forte impatto emotivo per la loro impressionante forza distruttiva, come guerre o disastri naturali, può accadere, quasi senza accorgersene, di sottovalutare alcune altre gravi situazioni. Si è già verificato che non sia stata prestata, del tutto o quantomeno non più del minimo sufficiente, rilevanza a fenomeni naturali che condizionano con forza le condizioni di vita, sia nel mondo animale e che in quello vegetale. Il risultato è stato l’alterazione pressoché immediata dell’ equilibrio del mercato, quello dei prodotti agricoli, seppur dinamico, che si forma e si riadatta pressoché quotidianamente. Esso si sposta per gradi verso l’alto o verso il basso, determinando il costo in termini di denaro che i cittadini devono sostenere ogni giorno. Tanto perché tutto quanto vive e vegeta possa percorrere fino alla fine il suo sentiero sulla Terra. Ciò che, quest’ anno con forte anticipo, sta tenendo con il fiato sospeso giá da ora gli addetti ai lavori -agricoli e a essi collegati- di ogni punto del pianeta, è la forte carenza idrica. La portata è a trecentosessanta gradi, come dire che il mondo intero è sitibondo. Per ridurre quanto più è possibile, senza pretendere quindi di azzerare perché è un obiettivo irraggiungibile, tale problema, può essere interessante osservare quanto sta succedendo, ormai da qualche anno, in Italia. L’argomento è il rinnovo delle naturali scorte di acqua che, valga la ripetizione, in tempi normali, dovrebbe avvenire in maniera naturale. È opportuno fare a questo punto una premessa. Che siano in atto mutamenti del clima è un dato di fatto e, da quanto stanno osservando i meteorologi nel corso degli ultimi anni, sono venute fuori linee di tendenza che indicano che il fenomeno del diradamento delle piogge è ancora in corso, quindi non ha raggiunto la sua acme. Imputare la causa unica di tutto ciò al mancato rispetto dell’ambiente da parte dell’uomo condizionerebbe pesantemente una valutazione obiettiva del fenomeno. Ciò confermato, è bene partire dalla presa d’atto che la situazione idrica del Paese quest’ anno è peggiorata rispetto a quella del 2022 e non di poco. È marzo e il livello di tutti i contenitori del liquido in cui tutto ciò che vive è nato, è al di sotto di quelli critici rilevati nel corso delle estati più torride. Si può provare a imbastire una qualcosa che somigli a una scheda di magazzino ideale, del tipo di quelle usate dalle aziende, ora in formato elettronico, concernente il prodotto acqua. Essa dovrebbe contenere una sezione con gli spazi per annotare il carico e un’altra per lo scarico. Poi, come nella migliore tradizione aziendalistica, i due segnali di allarme, quello che la scorta è al minino e quello che la stessa é al massimo. Nella sezione di carico andrebbe annotata l’acqua erogata dalle sorgenti, la pioggia, la neve e quanta ne è tornata allo stato liquido, per lo scioglimento dei ghiacciai. In quella di scarico, accanto all’acqua da bere, per lavare, lavarsi e per innaffiare le colture, c’è una forma di consumo parassita che fa si che metà dell’acqua corrente attraverso gli acquedotti destinata a raggiungere l’utenza finale, vada a disperdersi nel sottosuolo. Tale disfunzione, intollerabile in un paese civile, ha un sua precisa definizione: cattiva o, in molti casi, assente manutenzione delle condotte del prezioso liquido. Perdurando l’attuale inerzia, talvolta al limite dell’indifferenza, al problema della sua carenza, si è arrivati a definire l’acqua “oro blu”. Una prima conclusione può così essere tratta. Se, come finora  è accaduto e, almeno per il periodo breve-medio, continuerà a succedere, resta pressoché impossibile intervenire sui fenomeni meteorologici. È bene quindi che si provveda a ridurre i consumi di acqua, condotta da adottare con frequenza sempre crescente e a evitarne sempre più lo spreco continuo, leggasi dispersione. Entrambi sottraggono quantità enormi alle disponibilità già contenute per cause naturali. Si pensi che già gli antichi romani e via nel tempo fino all’ Architetto Vanvitelli, costruivano gli acquedotti con l’intento che dovessero avere durata illimitata. Prova ne è che quanti di essi sono sopravvissuti al tempo funzionano ancora. È quindi quanto meno inquietante il salto all’ indietro fatto da chi ha costruito quelli attuali in versione riveduta e s corretta. Da aggiungere che il principio dei vasi comunicanti, formulato a metà del XV° secolo dal matematico belga Stevino, sarebbe stato messo in pratica solo successivamente alla realizzazione delle opere immortali citate sopra. Quindi, anche per costruire gli acquedotti, la sua conoscenza avrebbe permesso di non dover realizzare più imponenti opere murarie in elevazione, quindi a vista. Le tubazioni cominciarono a essere messe in opera nel sottosuolo, invisibili in ogni senso… Perché aumenti la quantità di acqua che viene giù dal cielo non c’è molto altro da fare oltre alle danze della pioggia già sperimentate dai Pellerossa in America. Le captazioni delle falde dal sottosuolo comportano gli stessi inconvenienti delle estrazioni degli idrocarburi, cioè arrecano danni all’intera morfologia del pianeta. Vanno pertanto usate con estrema cautela e quando il contesto non permetta altra opzione. Molto di quanto accennato sposta la barra della risoluzione del problema dall’oggetto ai soggetti interessati. Eppure, in tempi non sospetti, sul finire del secolo precedente quello da poco terminato, il problema della disponibilità dell’acqua era già avvertito e affrontato, seppure con modalità diverse, da nord a sud. In uno dei suoi scritti il Professor Einaudi narra di come facessero i suoi antenati a non sprecare neanche una goccia di quel liquido che, nelle Langhe sitibonde, ha tutt’ora valore ancora maggiore che altrove, se possibile. Quell’ impianto fatto In casa era molto avanti come tecnologia e ancora è citato in alcuni materiali di economia e politica agraria. Più precisamente nella sezione che riguarda il lavoro agricolo e la sua peculiare caratteristica, la capitalizzazione. Il problema è sì antico, però richiede nuove ipotesi di soluzione. Sempre rimanendo in agricoltura, gli agronomi sostengono che la vite dà il meglio di sé quando subisce uno stress idrico. Che quel tipo di sollecitazione non possa far bene anche alla mente umana? Quello attuale potrebbe esserne per l’appunto un valido banco di verifica.

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DOMENICO OCONE

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