IL FISCO, NELL’ IMMAGINARIO COLLETTIVO, È COME UN MOSTRO FEROCE E FAMELICO CHE SI NUTRE DI BUONA PARTE DEL GUADAGNO PRODOTTO DAL LAVORO IN REGOLA, SENZA LIMITI.

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
Il governo, sabato, dovrebbe aver portato a termine buona parte del lavoro preparatorio per il via libera alla manovra di bilancio necessaria alla sua approvazione. Intanto lunedì si riunisce un altro CdM, l’ennesimo in questi ultimi tempi, perchè ancora non si riesce a trovare la quadra e chiudere così il cerchio in merito allo stesso. Più puntualmente per validare quel documento contabile che regola la vita economica e sociale del Paese. L’aggiunta del secondo termine non è di maniera, ma vuole essere un modo di evidenziare la particolarità della partita che si sta giocando a Roma. Per la precisione il derby, perché le squadre in campo sono la maggioranza e la minoranza dell’esecutivo e è molto più importante del campionato di calcio che si sta svolgendo a Doha in Qatar. Tale affermazione non deve essere considerata una esagerazione perché gli italiani stanno giocando una lunga serie di esse più che difficili, che spaziano dalla pandemia alla crisi energetica. Oggi, strano ma vero, gli stessi si vedono perdenti seriali contro un avversario che non concede nessuna clemenza per quanto sta accadendo loro: la povertà o stato di indigenza o bisogno che definir la si voglia. L’ Italia, per opera di chi la governa, si trova in uno stato simile a quello di alcune famiglie numerose i cui componenti, in tempo di guerra, dormivano tutti nello stesso letto per riscaldarsi con loro contatto. Accadeva che la coperta non fosse abbastanza grande per far star sotto tutti, così ognuno di loro cercava di tirarla a sé. Il problema reale è così divenuto molto complicato, se non addirittura troppo, e qualsiasi soluzione il governo riuscirà a adottare sarà sempre qualcosa di parziale e da attuare diluita nel tempo. La manovra per contrastare questi fenomeni che viene presa in considerazione per prima in casi simili é quella del mettere in essere azioni fiscali differenziate, sia nella loro sostanza, sia nell’ individuazione dei soggetti da percuotere. Non è un vezzo usare ancora quel verbo che richiama violenza fisica. Già nell’Urbe, molto prima della nascita di Cristo, la fiscalità era una pratica diffusa. Basti pensare che esistevano, all’interno delle sue mura, i prati omonimi. E il Senatore responsabile dell’Annona percuoteva e incassava tanto dai Cives, quanto dai proventi ottenuti in territori lontani dai consoli, che tassavano le popolazioni sottomesse. In tal modo gli imperatori che si susseguirono potettero finanziare le ulteriori campagne militari, le stesse che resero per lungo termine Roma caput mundi. L’ attuale governo si trova a doversi muovere in un’ottica diametralmente opposta: alleviare il carico fiscale e rimodulare sostanzialmente buona parte di esso. Ancora più importante sarà restituire capacità produttiva e competitività alle aziende e maggiore possibilità di spesa alle famiglie. Il Ministro del Tesoro, per lui i suoi collaboratori, ha fatto sapere che tanta finanza quanta ne chiede l’esecutivo non è disponibile in base alle risorse giacenti nelle casse del suo dicastero. A questo punto cade a proposito la sequenza in uso a Napoli: “avendo, potendo, pagando”. Le casse dell’Erario, come accennato, al momento, non dispongono di nessuna di quelle capacità. Indebitandosi ancora, il Paese incorrerebbe in una contraddizione in termini, sia che la somma attinta fosse destinata a finanziare “debito buono” che “debito cattivo”, prendendo in prestito tali espressioni dal lessico del Professor Draghi. Prendendo atto che la moltiplicazione dei pani e dei pesci è stata un’operazione una tantum, che Re Mida non ha lasciato istruzioni per l’uso per ripetere le sue gesta, l’unica soluzione che potrebbe risolvere per buona parte la questione, è la produzione di nuova ricchezza. Non finanza, essendo pressoché neutro e senza risultati concreti il passare di mano dei biglietti di banca. Soprattutto tenendo conto che al momento è proprio una parte di essa a remare contro l’attività industriale, trasferendo il surplus delle operazioni concluse nella ripetizione di impieghi dello stesso genere. Così, teoricamente, senza fine, o meglio, fin quando il vento non cambierà direzione.
Quel vento si chiama speculazione e non ha niente a che vedere con l’economia reale. Poco importa se in Cabaret, film ormai datato a mezzo secolo fa e ambientato nella Berlino nazista degli anni ’30, il regista Bob Fosse faccia ripetere a mo’ di filastrocca al cabarettista impersonato da Joel Gray:” i soldi fanno girare il mondo”. Volendo attualizzare l’espressione, bisognerebbe aggiungere: “finché dura l’andazzo”. Per chi ancora non lo sapesse, qualche giorno fa è scoppiata una bolla di un miliardo dell’ultima invenzione dei Gatti e delle Volpi di questi tempi: i bit coin. Cionostante, i Pinocchio dei tempi moderni continueranno a credere che possa realmente esistere chi, piantando il denaro in luoghi di fantasia, lucri o faccia lucrare a quanti si sono affidati a lui cifre da favola. Come quella di Collodi, appunto.