MUSICA: INTERVISTA A CABRUJA IN OCCASIONE DELL’USCITA DEL VIDEOCLIP “FATHER LUCIFER”

E’ CABRUJA STESSO A SPIEGARE SUBITO: “HO SCELTO COME NOME D’ARTE CABRUJA, CHE È IL COGNOME DI MIA MADRE, PER RENDERLE OMAGGIO (…)”
di Giulia Quaranta Provenzano
Ciao Eduardo! Come ti descriveresti interiormente come persona ed in quanto cantante? “Ciao Giulia! Un parente, una volta, mi ha descritto come una persona con un ricco mondo interiore – espressione questa che, in Italia, sta per persona “particolare”. Mi dicono tutti che sembro molto calmo, ma espansivo e anche solare. Dentro comunque porto una processione, e piove pure. Lampi e tuoni. In quanto cantante appunto canto per comunicare certe cose in modo, forse, più olistico …Magari, così, arriva qualcosa in più che non con la sola semplice parola e qualcuno potrebbe persino risultare interessato ad ascoltare quello che ho da dire”.
Da piccolo chi sognavi di diventare “da grande” e che bambino sei stato? “Da piccolo sognavo di diventare un astronauta, un archeologo, uno scienziato ma mai il poliziotto o il militare. Nessuna professione cioè che avesse a che fare con le Forze dell’Ordine. Non è che avessi problemi con le autorità, tuttavia non mi interessavano né le divise né le pistole o i fucili a meno che non fossero laser o di tecnologia aliena. Sono sempre stato molto creativo e con una fervida immaginazione; un po’ fissato con il macabro, l’occulto, i mostri e cose del genere. Mi permetto di riconoscere che sono stato un bambino brillante, assai avanti per la sua età. Ero anche parecchio saccente.(…)”.
Come mai hai scelto, come pseudonimo, il nome d’arte Cabruja? “In Venezuela, come in quasi tutta l’America Latina, c’è l’abitudine di mettere il doppio cognome – prima quello del padre e dopo quello della madre. Un retaggio patriarcale che non ha senso al giorno d’oggi, non che ce l’avesse neanche prima in realtà. Cabruja è il mio secondo cognome, quello di mia madre, che ho scelto per renderle omaggio. Oltre ad essere una questione di giustizia – in generale, verso tutte le madri che sulla carta si trovano al secondo posto – nel mio caso indica come mia mamma centra molto di più di chiunque altro con chi sono oggi, nel bene e nel male. Per fortuna è anche un cognome interessante sia nella storia, sia per la mia famiglia stessa. La famiglia Cabruja è piena di drammi e misteri… non a caso il più prominente Cabruja, in Venezuela, è stato un gran drammaturgo e scrittore di telenovelas. È un nome con una carica un po’ pesante, a dire il vero, e ora arrivo pur’io per aggiungere qualche chilo in più”.
Cosa rappresenta per te la musica in generale e il tuo fare musica in particolare? “La caratteristica più importante della musica, a mio avviso, è la sua universalità. Tutte le culture del mondo hanno una componente musicale ancestrale, secondo sfere diverse: artistica, ritualistica, comunicativa. La musica manda in trance e ciò sia che si sia un derviscio rotante oppure un raver; la musica accompagna rivoluzioni e sveglia i popoli… e poi fa addormentare i bambini, con la ninna nanna. La musica è a prescindere da tutto. Va ascoltata e vissuta. Ad esempio, per quanto mi riguarda, la musica mi fa sentire a mio agio. Quando canto mi riconosco, mi vedo, mi dico <<Questo sono io>>. Più che altro un “io” che mi piace. Ecco, mi piaccio quando canto – e se non è potente questo, non saprei cosa lo è…”.
Vi è qualcuno al quale ti ispiri nel tuo fare musica e con il quale vorresti collaborare? “Diamanda Galás è un nome molto presente quando penso alle cose che vorrei fare. Lei ha una forza incredibile che io ancora non ho sviluppato, che mi permetterebbe di manifestare a pieno alcuni aspetti del mio mondo interiore. Vorrei inoltre avere l’onore di condividere una certa nicchia musicale con John Grant, non solo per la sua bellissima voce ma anche per i temi che tratta in alcuni dei suoi brani e per le comunità che rappresenta. Collaborare con altri musicisti e cantanti sarebbe di sicuro una bellissima esperienza. Vorrei altresì, magari, organizzare qualcosa con artisti di altre discipline come ad esempio Damien Hirst, Marc Quinn, Pierre et Gilles, Neil Gaiman, Guillermo del Toro i quali creano universi di cui sarei entusiasta di far parte. Ovvio, stiamo parlando di fantasticherie…”.
Il 12 ottobre è uscito, sul canale VEVO di YouTube, il videoclip di “FATHER LUCIFER” (https://www.youtube.com/watch?v=ENQ45HPnL7E) ossia il tuo tributo musicale alla cantautrice americana Tori Amos. Vi è un messaggio che, tramite codesto brano, vorresti trasmettere? “Hai detto bene, <<FATHER LUCIFER>> è proprio questo: un tributo a Tori Amos, che ammiro tanto. A me soddisfa far conoscere le cose e le persone che più mi piacciono, compresi i musicisti che ascolto. Un po’ come i testimoni di Geova che suonano alla porta la domenica mattina (a Genova mi è capitato poche volte, ma a Caracas succedeva spesso) …Solo che, invece di Geova, io parlo di Lucifero. <<Father Lucifer>> ci stava bene all’interno dell’album e, anche per questo, è stato scelto da me e da Giancarlo Di Maria che ha fatto gli arrangiamenti”.
Hai sottolineato che <<Tori Amos ha accompagnato la mia vita con la sua musica. Per tale motivo ho voluto omaggiare questa grandissima artista, scegliendo uno dei numerosi splendidi brani della sua discografia. “Father Lucifer” è una canzone misteriosa e drammatica, che si lega alla perfezione con i temi presenti nel disco di prossima uscita: il viaggio fisico e metaforico, l’autoconsapevolezza, la dannazione e la luce>>. Ecco quindi che mi sorge adesso spontaneo domandarti qual è, dal tuo punto di vista, il fascino dell’esistenza ed altresì in cosa senti consistere la sua eventuale drammaticità. “Da biologo che sono, ho un approccio alla vita e all’esistenza degli esseri viventi (l’esistenza di una sedia mi interessa un po’ meno) molto poco filosofico. Per ciò che mi riguarda siamo un mucchio di molecole e di impulsi elettrici che interagiscono in sinergia, ed ecco la vita. Siamo incidenti casuali che funzionano e, quindi, li portiamo avanti e li replichiamo. Questo è davvero affascinante, per me – purtroppo lo è un po’ meno per i miei studenti. La drammaticità la aggiungiamo noi uomini, con delle domande esistenziali. Ci siamo e basta. Bisognerebbe solamente fare il meglio che si può”.
Sei dell’idea che volere sia sempre ed in ogni caso potere e che, di conseguenza, “homo faber fortunae suae” ovvero che l’uomo sia il solo artefice della propria sorte oppure, per esempio, hai fede nel destino o in qualcuno di invisibile ed eventualmente secondo quali termini? “Sono ateo, ma sono anche superstizioso. La superstizione è un modo per connettermi con le mie radici. Non credo veramente che se incrocio un gatto nero allora avrò una qualche sfiga. No, non credo che ci sia qualcosa al di sopra di noi – e che ci governi, però non credo nemmeno che basti la volontà per raggiungere qualcosa. Ci sono delle circostanze più forti dell’essere umano, e non c’è un disegno in tutto ciò”.
Per ciò che ti riguarda, presumi d’essere più istinto o ragione? “Istinto, poi ragiono e rovino tutto”.
Nel viaggio della vita, quali sono i lineamenti dell’amore dal tuo punto di vista? “Feniletilammina, dopamina e ossitocina. Chi o cosa faccia alzare i livelli nel cervello è invece un altro discorso…”.
È stato inoltre da te affermato che il video di “FATHER LUCIFER”, realizzato da Luca De Vincentis presso il White Studio di Roma, desidera mostrare quella ricerca verso una possibile connessione con altre sfere del proprio Io. Vuole cioè essere, il tuo, un viaggio introspettivo che porta alla rivelazione di un ribollente mondo interiore, incontenibile non appena se ne varchi la soglia. È – hai spiegato – l’apertura del vaso di Pandora, il cui contenuto rende completi e illuminati. Ci racconti, di preciso, cosa qui intendi tu per “completi ed illuminati” e quale reputi essere il male peggiore per la tua interiorità? “<<Father Lucifer>> verte sull’avere una conversazione con i diversi aspetti del proprio Io, anche con quelli più oscuri e probabilmente poco accettabili, e che forse potrebbero generare un senso di vergogna. Accettare questi aspetti fa parte di un percorso di autoconsapevolezza, fondamentale per essere completi, senza negare cioè una parte naturalissima e umana. Se tali aspetti non li si nega, difatti, si diviene più sensibili e in possesso di maggiori strumenti per comprendere quello che circonda (compreso l’altro). Negare questi aspetti, all’opposto, vuol dire non gestirli e – se non li si gestisce – si potrebbe anche farsi e fare del male”.
E a proposito proprio di “ribollente mondo interiore”, per te, che valore assumono il passato e i ricordi anche in proiezione del futuro? “I ricordi sono fondamentali. Siamo fatti di tutto ciò che ricordiamo e, in base a questo, valutiamo le scelte da intraprendere per il futuro”.
In questo nostro umano cercare ed esperire, la felicità come la dipingeresti? “Se avessi una coda di cane scodinzolerei giusto prima di mangiare e salendo sul letto, per mettermi sotto le coperte, pronto a dormire”.
Infine, quali le tue priorità e quali i tuoi prossimi progetti a breve e a più lungo termine? “Per adesso la mia priorità è sopravvivere ancora un altro anno scolastico (sono docente in un Liceo). Sto cercando anche di mettere su una band per fare dei live e per presentare il disco, Covid-19 permettendo. Vorrei sicuramente continuare con le canzoni e, magari, collaborare con altri cantanti e musicisti. Per quanto mi piacciano tanto le cover, sarebbe bello dar vita ad un album o, almeno, ad un EP di solo brani inediti”.