VITO ANNICCHIARICO È… ROMA CITTÀ APERTA NEL LIBRO DI SIMONETTA RAMOGIDA

VITO ANNICCHIARICO È… ROMA CITTÀ APERTA  NEL LIBRO DI SIMONETTA RAMOGIDA
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ROMA CITTÀ APERTA, VITO ANNICCHIARICO IL PICCOLO MARCELLO RACCONTA IL SET CON ANNA MAGNANI, ALDO FABRIZI, ROBERTO ROSSELLINI, DI SIMONETTA RAMOGIDA, GANGEMI EDITORE, 2

di Giovambattista Rescigno e Vito Nicola Cavallo

Avevamo da tempo letto e studiato questa testimonianza, vissuta in modo diretto da chi ha veramente conosciuto “Nannarella”, ed ha avuto il privilegio di poterla abbracciare, toccare, stringere e nel candore, nella purezza della sua fanciullezza baciarla. Ed allora proprio oggi festa del XXV Aprile, la festa di tutti, delle sinistre, delle destre, e di chi si barcamena, di qua e di là passando tra i movimenti e le organizzazioni politiche, difendendo l’indifendibile e schivandosi alla vista di un filmato di un… genitore infuriato (Esagerato). Vito Annicchiarico è “Roma Città Aperta”, è stato presente è stato parte viva e vera di quelle riprese, testimone oculare di una città ancora sotto il controllo delle truppe alleate, mentre dall’altra parte, c’erano gli ultimi irriducibili che dimenavano gli ultimi colpi di coda di un regime distrutto e di una Monarchia che ormai stava vivendo i suoi ultimi giorni, e come detto prima, in tanti fecero il cambio di casacca passando così rapidamente dalla camicia nera a quella rossa tant’è che nemmeno nelle loro case li riconobbero. Andava così finendo un periodo di fuggi fuggi, rappresaglie e vendette, mentre il popolo, che stava assaporato nuovamente, dopo un ventennio il nettare della libertà, si lasciava alle peggiori cose, rappresaglie, omicidi, per antichi ed atavici dissapori non leniti, pestaggi come quelle degli ‘squadristi’ dai quali il popolo “Liberato”, non si ci era del tutto distaccato e disabituato, poiché le ferite grondavano ancora sangue, una nota positiva, il ghetto di “Roma” flebilmente riaffiorava alla vita e chi era nascosto lentamente iniziava a guardare verso la libertà ed il futuro. Riaprirono i battenti delle case di appuntamento o come meglio, chiamate allora case di Tolleranza, alcove dei soldati invasori prima e liberatori dopo, ai quali la fame donava i corpi di fanciulle, avide di possedere anche un paio di calze di Nylon, per ricoprire nuovamente la bellezza delle loro gambe, o un pezzo di cioccolata ‘Alleata’ per riabituare il palato al piacere del gusto, poiché non si è mai saputo, se il rapporto intimo e personale consumato nell’alcova, era piacevole e passionale, come quello di due veri amanti. Triste spaccato di una guerra, epilogo di un armistizio a seguito di un tradimento. Ma forse, prima di infilarci nei dedali di uno spaccato di storia Patria, dai lati oscuri, e da troppo poco chiari, che potremmo paragonarlo a quel romanzo “100 sfumature di Grigio”, Lasciando la nostra dissertazione, forse a tratti per qualcuno anche fantasiosa e pungente, con una frase tratta dal discorso odierno del Premier Mario Draghi “Non scegliere è immorale. No a revisionismi, troppo fascino per autocrati”, cari amici lettori a questo punto però vi lasciamo alle vostre meditazioni, e ritorniamo a ‘Roma Città Aperta’ ed a Marcellino, affidandoci ai ricordi di Vito – Marcellino – Annicchiarico.

IL RICORDO

Si, io mi ricordo quando la strada era il set…

Via degli Avignonesi, n.30… in una vecchia sala di posa a gennaio 1945 iniziarono le riprese di Roma Città Aperta.

“Era la notte tra il 17 e il 18 gennaio quando Roberto Rossellini ordino’ il suo primo giro di manovella: ”Azione.

Pronti? Ciak. Si gira!”. La prima interruzione ci fu dopo tre giorni di lavorazione, due settimane dopo i primi ciak erano già finiti i soldi e la troupe iniziava a mostrare segni di nervosismo. Fu così che Roberto Rossellini decise di vendere la catenina che aveva al collo e diede l’incarico di rimediare i soldi al suo assistente Alberto Manni. Lo rivelò lui stesso.

La Contessa Chiara Politi, avendo capito che non aveva più i mezzi economici per finanziare il film, cedette i suoi diritti ad Aldo Venturini. Ma tra la Contessa Chiara Politi e l’arrivo di Aldo Venturini ci furono molte peripezie che Roberto Rossellini e l’intera troupe furono costretti ad affrontare per continuare le riprese.

“Giravamo anche a via Rasella, la sera fino a tardi, a volte anche di notte, tanto che i sodati Usa si avvicinavano al set perché vedevano le luci. Lì vicino c’era un night club o forse una casa di appuntamenti, allora non era ancora intervenuta la legge Merlin del 1958 che le aveva chiuse. Noi ragazzini lo sapevamo. I militari americani quando vedevano le luci si avvicinavano perché credevano che fosse una specie di richiamo del club invece eravamo noi che stavamo girando qualche ciak”.

 

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GIOVAMBATTISTA RESCIGNO

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