LA CRIMINALITÀ ECONOMICA, FENOMENO PREOCCUPANTE E IN CRESCITA, NON CONTRASTATA AL MOMENTO CON IL GIUSTO RIGORE

LA CRIMINALITÀ ECONOMICA, FENOMENO PREOCCUPANTE E IN CRESCITA, NON CONTRASTATA AL MOMENTO CON IL GIUSTO RIGORE
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UNO SGUARDO DA PONTE

di Domenico Ocone

 

L’anno in corso sta tagliando il traguardo volante del primo trimestre. È questo l’ intervallo di tempo non rigorosamente delimitato in cui è consuetudine valutare  più nel dettaglio due aspetti dell’attività economica, non solo produttiva, ma dell’ intero sistema Paese. Si possono così ricavare informazioni di quanto è stato fatto durante l’anno precedente più vicine al vero  e nel contempo iniziare a mettere in atto i primi aggiustamenti dei piani e dei programmi per l’ anno in corso. Difatti è già trascorso una parte dello stesso pari al 25% del totale o a un quarto che definirlo si voglia.

A questa prima tappa più di uno dei programmi in via di realizzazione si sta presentando in ritardo e non è un fatto di poco conto. Il più importante per quanto riguarda la salute socioeconomica italiana è senza dubbio lo stato di attuazione del PNRR. Già nell’aria c’ erano segnali di allarme per i ritardi della sua realizzazione, alcuni di essi  provenienti dal quartier generale, la EU. Agli stessi si è aggiunto il richiamo all’ordine da parte della Corte dei Conti. Chi degli esecutori si fosse crogiolato nel limbo della non ufficialità e della generalità, dopo il pronunciamento della cosiddetta magistratura contabile non può fare altro che ammettere la verità. Soprattutto, con il capo coperto di cenere, decidere di darsi da fare sul serio per recuperare quanto più è possibile del tempo perduto. Non è quello del piano di ricostruzione l’unico vulnus che quell’ organo di controllo evidenzia. Altri e altrettanto importanti rilievi sono stati fatti da quella Corte. Gli stessi si sono aggiunti a quelli fatti dalle associazioni di categoria, sia quelle imprenditoriali che quelle dei lavoratori, i sindacati. Possono essere compresi sotto un’unica definizione: elementi di criminalità economica. La loro galassia è enorme e soprattutto ben reattiva ai provvedimenti di contrasto delle loro azioni fuori legge. In campagna, dai tempi dei tempi, per definire il comportamento proteiforme di quei lestofanti, si usa dire: “fatta la legge, trovato l’inganno”. In effetti I grandi filoni in cui si può dividere la criminalità economica sono due. Uno, che vede protagonisti, in pratica inquadrati in una fascia sociale e quindi tracciabili per il fisco in primis e per tutte gli altri rapporti che legano ufficialmente il singolo alla collettività quei funamboli della correttezza. Un altro è quello che, non quantificabile perché composto da quanti risultano registrati solo all’ anagrafe e divenuti successivamente uccelli di bosco, che svolgono attività o fuori legge o contrarie alla stessa. Mentre il primo universo è identificabile e perseguibile, all’ interno del secondo è solo il caso, meglio una circostanza fortuita, che può far emergere qualche esemplare di quella specie che popola la palude. Si assiste così a episodi di personaggi che incassano somme ingenti solo perché riescono a farsi inquadrare da tutti gli interlocutori pubblici e privati per quello che non sono. Appartiene a quella categoria il gruppo italocinese che per circa venti anni, operando in Lombardia, ha lucrato cifre considerevoli eludendo il fisco. L’ altra grande piaga sono i cosiddetti invisibili, precisamente quanti passano a piè pari sopra a ogni tipo di normativa, delinquendo se necessario, detto più a chiare lettere attentando alla integrità fisica di chi, in qualche modo, viene in contatto con loro. L’elenco dei reati che commettono gli appartenenti a quella congrega è lungo e variegato e tende a ingrandirsi sia per numero di adepti che per tipologia di crimini commessi. Sono i vari rapinatori, taglieggiatori, strozzini e altre varie figure criminali che volano basso su chi chiede lavoro, cioè sull’ apparato produttivo. Per par condicio, usata tale espressione solo per sdrammatizzare, fanno lo stesso anche su chi offre lavoro, cioè ogni tipo di prestatore d’opera. Tra di loro si distinguono i caporali e chiunque, beneficiario delle provvidenze previste da uno dei tanti ammortizzatori sociali, accetta di lavorare solo in nero per non perderlo. Uno di quei benefici è stato e, in parte, lo è ancora, il reddito di cittadinanza. Succede di conseguenza che per intervenire e far fronte ai descritti elementi di disturbo dell’organizzazione e quindi dell’attività economica non sarebbe sufficiente nemmeno l’opera di un esercito di dimensioni consistenti. Ciò che è più grave, è che le forme delinquenziali innanzi descritte, nell’ultimo triennio si sono dilatate, divenendo in diverse occasioni veri e propri manipoli da assalto con la baionetta. Qualche sopravvissuto all’ultima guerra, ormai centenario, ricorda che anche all’epoca ci furono numerosi episodi di saccheggi di ogni tipo, quasi sempre di mezzi di sussistenza, in specie farina e frumento in generale. C’era la fame, nel senso più autentico della parola, e per strada circolavano, oltre ai militari italiani, soldati alleati e nemici, entrambi ben armati. Quello stesso reduce, con un’espressione simile a quella del pescatore descritto da De André, non esita nell’affermare che da un po’ di tempo è sorpreso di trovarsi di fronte a fenomeni. di dèja vu. Scherzi di una mente un po’ appannata dagli anni? Da non giurarci.

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DOMENICO OCONE

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