CORONAVIRUS

CAUSE ED EFFETTI DI UN NEMICO INVISIBILE SUI BAMBINI
di Anna Ferrentino (AF-F)
Dal 17 marzo 2021, è stata istituita formalmente la Giornata Nazionale in Memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus. La data scelta è quella del 18 marzo, in cui nel 2020, i camion militari carichi di bare percorrevano le strade vuote di Bergamo. Un scenario apocalittico ancora impresso nella memoria collettiva planetaria.
Di fatto, la pandemia è una pagina nera dell’intera umanità e sui effetti sono ancora motivo di ricerca e di analisi dal mondo socio-scientifico, socio-pedagogico, socio-culturale e socio-economico.
Proviamo prima ad osservare il virus dal punto di vista scientifico: il coronavirus era un nuovo ceppo di virus che non era stato precedentemente mai identificato nell’uomo fino a quando nel dicembre 2019 viene segnalato a Wuhan in Cina; questo tipo di virus fa parte di una famiglia chiamata RNA che deve il suo nome alle proteine che, sporgendo dall’involucro del virus, formano delle caratteristiche punte che ricordano una corona.
Nella prima metà del mese di febbraio 2020, l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.), assegnava al nuovo coronavirus il nome definitivo: Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2). Questo nuovo nome sostituiva quello precedente (2019-nCoV). Sempre nella prima metà del mese di febbraio 2020, l’OMS annunciava che la malattia respiratoria causata dal nuovo coronavirus veniva chiamata COVID-19. La nuova sigla era la sintesi dei termini CO-rona VI-rus D-isease e dell’anno d’identificazione, 2019. Il SARS‐CoV‐2, attraverso le membrane mucose e gli epiteli nasali, si è insinuato nei nostri polmoni portando un danno polmonare attraverso meccanismi multipli, come un aumento della permeabilità vascolare e alterazioni delle cellule epiteliali alveolari. Non solo gli adulti, ma anche bambini e adolescenti si sono ammalati e non sono esistite fasce d’età immuni all’infezione portando alla morte di milioni di persone, in ogni angolo del mondo.
Da più di tre anni, il pianeta è unito in una battaglia comune contro un nemico invisibile: Coronavirus.
La nostra attenzione in occasione di questa giornata si sofferma sui bambini e gli adolescenti che hanno vissuto questa realtà in un confusionario e surreale mondo di cui gli effetti psicologici e fisici sono ancora nascosti e discutibili.
Nell’ultimo biennio, secondo l’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), il 99% dei bambini e dei ragazzi sotto i 18 anni nel mondo vive in uno dei 186 Stati che stanno sperimentando varie forme di restrizione ai movimenti a causa del COVID-19. Il 60% dei bambini del mondo vive in uno degli 82 Stati che hanno attuato piani di chiusura (lockdown) totale (7%) o parziale (53%).
Mentre il nostro sguardo è stato concentrato su come contrastare o curare il COVID-19, gli impatti nascosti della pandemia, le sue gravi conseguenze non sono ancora all’ordine del giorno.
Il problema non riguarda soltanto i bambini e i giovani che hanno contratto il coronavirus: il problema è che essi sono stati i soggetti che ne hanno subito le conseguenze più dure. Abbiamo sottovalutato l’impatto che le settimane di chiusura forzata in casa possono avere avuto sui bambini, sui preadolescenti e sugli adolescenti. Quando si è stati chiusi in casa, costretti a non uscire, a comunicare soltanto virtualmente, con i propri coetanei e con gli insegnanti, le difficoltà si sono acutizzate e sono emersi problemi e traumi, individuali, familiari e/o, anche, connessi al tessuto sociale e culturale che circonda i minori e le loro famiglie. Il pensiero di una minaccia invisibile ma concreta, diffusa ovunque, è stata ansiogena e stressante per tutti. Ancora di più in un contesto caratterizzato da una forte insicurezza sotto vari punti di vista, aggravata da una comunicazione giornalistica e istituzionale spesso confusa e contradditoria. In età particolarmente delicate come quella infantile e adolescenziale le conseguenze di questo scenario sono diventate serie, soprattutto per chi già presenta delle fragilità.
Sappiamo bene che la salute dipende molto dalla qualità delle nostre relazioni interpersonali e dalla nostra felicità. L’obiettivo principale della Costituzione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) infatti prevede: “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute” definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Cosa che negli ultimi anni è stata messa a dura prova.
“La sveglia suona, ma non c’è fretta: basta accendere il computer, fare un check a microfono e videocamera, uno al look, e la scuola con la DaD arriva a casa, più o meno puntuale a seconda della connessione internet. A casa, però, non ci sono i compagni, manca la complicità tra i banchi di scuola, stare attenti alle lezioni è più difficile, distrarsi invece è facilissimo”.
Come sappiamo, l’effetto COVID-19 ha generato un cambiamento notevole per tutti nelle azioni quotidiane come nelle attività scolastiche e lavorative.
Il passaggio dalle lezioni in presenza alla DaD (Didattica a Distanza) ha sconvolto in modo significativo la vita degli studenti e delle loro famiglie, creando un rischio potenziale per il benessere mentale di bambini e adolescenti.
Un brusco cambiamento dell’ambiente di apprendimento e le limitate interazioni e attività sociali hanno generato una situazione insolita per lo sviluppo cognitivo dei giovani studenti. Probabilmente, non si tratta solo di una sensazione: gli studi hanno dimostrato che eccessivo attaccamento, disattenzione e irritabilità sono le condizioni psicologiche più gravi in bambini ed adolescenti.
La pandemia, infatti, ha impattato sulla salute dei minori attraverso diversi fattori: il distanziamento sociale è uno di essi.
Ha limitato ogni tipo di relazione, ossia il non avere contatti fisici e reali con i propri pari, impoverendo la “dieta” del nostro cervello emotivo. Nei più piccoli, soprattutto di sesso maschile, l’impossibilità di giochi fisici, resi possibili dagli spazi e dall’appartenenza ad un gruppo, hanno generato irrequietezza e sintomi psicosomatici.
Negli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo dei loro pari sono mete essenziali da raggiungere, la chiusura forzata ha aggravato quel senso di solitudine piuttosto frequente in questa fase di sviluppo. Di conseguenza, ha aumentato la propensione all’isolamento con il rinchiudersi in camera e passare ore su internet, con il rischio di percepire il virtuale come se fosse una condizione naturale.
La mancanza di contatti fisici e della compagnia dei propri coetanei ha portato anche all’aumento dei conflitti in famiglia.
Stare tutti insieme a casa, ravvicinati, senza poter uscire e passare del tempo all’esterno per svolgere le proprie attività, è stata una condizione che ha originato, nei giovani, una sensazione di paura di esser risucchiati nella dipendenza infantile.
Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato che i bambini e gli adolescenti che sono stati isolati o messi in quarantena hanno avuto più probabilità di sviluppare disturbi acuti da stress, disturbi di adattamento e sofferenza. Alcuni dati indicherebbero che il 30% di loro soddisfi i criteri clinici per il disturbo da stress post-traumatico.
Si è notato che i bambini di età inferiore ai 2 anni con l’assenza di “assistenti regolari” (ad esempio, i nonni) ha portato un senso di irrequietezza e destabilizzazione visibile nel tempo. Di conseguenza, con le scuole chiuse, i giovani hanno perso un punto di riferimento e il loro senso di identità in molti casi ha vacillato e se prima andare a scuola era noioso, con le restrizioni governative si è rivalutato il valore della condivisione fra i banchi.
In quel caso, osservando il ruolo della scuola come quello dell’insegnante si è valutato quanto fosse fondamentale motivare l’alunno a seguire le lezioni a distanza con interesse e entusiasmo. Infatti, il metodo classico del docente che dalla cattedra detta la conoscenza, oltre ad essere criticato da tutte le moderne nozioni psicopedagogiche, non ha gli stessi effetti a distanza. In quel periodo l’elemento di distrazione (cellulare, bigliettini, scherzi) che in presenza veniva notato dal docente, in remoto, è diventato elemento giustificato per non partecipare attivamente alle lezioni. Il rischio è stato quello di aver formato nuove generazioni senza consapevolezza e interesse verso il sapere.
Un altro elemento che ha rischiato di condizionare e influenzare negativamente la mente minorile è stata la paura della malattia, ancora viva nel nostro quotidiano. L’ansia e l’incertezza legata agli effetti del Covid e la paura della morte come dei genitori presenti 24h su 24h nella loro vita ha fatto aumentare i disagi socio-psichici.
Del resto, il disagio dei bambini e degli adolescenti si è manifestato in molti casi con comportamenti esternalizzanti come aggressività e litigiosità, che vanno a sostituire reazioni più comuni e prevedibili come pianto, tristezza o preoccupazione.
Alcune ricerche condotte in diversi paesi europei hanno messo in evidenza un aumento di fenomeni e condizioni, come gli atti di autolesionismo o il disturbo da stress post-traumatico, legati in vario modo all’isolamento. Si registra anche una crescita di episodi di cyberbullismo e una diffusa e generalizzata amplificazione dei disturbi del comportamento alimentare (spesso collegati a disturbi della percezione corporea e dell’autostima), come pure gli stati ansiosi e depressivi. Sono state anche riportate difficoltà nella comprensione dei disturbi specifici dell’apprendimento.
Gli effetti della crisi del coronavirus su bambini e giovani saranno potenzialmente enormi, poiché come abbiamo evidenziato le diverse misure utilizzate per combattere la pandemia hanno avuto un grande impatto in molti ambiti della loro vita.
Il COVID-19 rimane un segno indelebile per il mondo intero che ancora oggi vive sotto la minaccia di un nemico invisibile. Anche se distratti dalle guerre incorso (Ucraina e Iran), la paura è sempre evidente negli occhi di chi è stato protagonista diretto e indiretto di uno degli eventi più traumatici per il genere umano.
Grafica Alain Guariglia