LA PALLA DI NEVE CHE INIZIÒ A ROTOLARE A VALLE SUL CRINALE, DIVENTÓ PRESTO UNA VALANGA

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
È proprio vero che la prudenza non è mai troppa e che il conto va fatto sempre in presenza dell’oste. Così chi è stato risoluto nel definire circoscritto il caso della banca SVB in America, avrà dovuto fare una brusca frenata e quindi iniziare a fare uno o più passi di marcia indietro dopo quanto è accaduto alla CS, il Credito Svizzero. Anche per quest’ ultima lo scivolone si è evidenziato in poche ore, sebbene i motivi che lo hanno causato siano stati ben diversi da quanto si era appena verificato oltreoceano. Procedendo con ordine, la prima osservazione va fatta su ciò che accomuna (poco) quelle debacle del sistema bancario e su quanto (tanto) le separa. Non sembri di rimando una battuta se si fa un aggancio tra la dicotomia appena tratteggiata e i tipi di inflazione, altrettanto diversi, di quà e di là dell’Atlantico. I due continenti, meglio riferirsi alle due realtà geopolitiche, il Vecchio e il Nuovo, risalendo fino alla prima colonizzazione, avevano connotazioni sociali sostanzialmente diverse. Per semplificare, i primi emigranti in quelle terre allora pressoché disabitate, non ebbero bisogno di comprare niente perché tutto era res nullius, quindi era necessario solo venirne in possesso: mai come in quel caso, in tempi moderni, l’antica regola vigente nell’ Urbe 《possesso vale titolo ( di proprietà) ,trovò applicazione così calzante. Gli economisti del secolo scorso assimilarono quanto descritto alla rendita di posizione, aggiungendo che nella teoria della produzione, il mix tra capitale fisso e capitale umano, nel Nuovo Mondo aveva un componente, il primo, disponibile pressoché a costo zero. A parte quel poco che bastava ai nativi, i Pellerossa, il resto del territorio era disponibile.
Ancora oggi le differenze tra quelle due realtà politiche e economiche evidenziano marcate differenze, anche per quanto concerne la gestione del risparmio e della concessione del credito. Della SVB si è discusso e, a oggi, il pericolo che il suo fallimento possa ancora nuocere sul mondo del credito anche fuori degli USA non è ancora del tutto scongiurato. La sua azione nei confronti di strutture analoghe attive al di qua dell’Atlantico può essere a ragione paragonato all’ effetto dell’ aceto contenuto in una bottiglia aperta lasciata poco distante da una tazza di latte: in breve tempo lo fa inacidire. Si arriva così alla vicenda della CS, Credit Swisse. Per quanto possa essere dato per scontato, è opportuno rimarcare che tale banca formalmente è in Europa solo fisicamente, quindi tenuta all’osservanza delle regole in materia imposte da quel paese, tenendo solo conto per ragioni di buon vicinato delle direttive della BCE. A proposito di quella Banca Centrale, ieri la Presidente Lagarde informato che il tasso di interesse dell’euro è stato aumentato dello 0,50 %, confermando quanto aveva annunciato già lo scorso mese. Il Presidente della FED si era anticipato e è facilmente immaginabile che ora qualche dubbio sulla validità di quanto ha fatto e di come vorrebbe procedere ancora, turberà i suoi sonni. Alla luce delle notizie di queste ore, si ha una visione di quella banca, la CS, molto diversa da quella formale, pressoché asettica, in quanto di svizzero nella sua compagine societaria attualmente è rimasto meno della metà. La maggioranza del capitale sociale è infatti nelle mani dell’investitore arabo Saudi National Bank. Quindi la Confederazione Elvetica, un unicum al mondo insidiata da lontano – molto – dall’ Uruguay, non è quell’enclave nel cuore della EU dai più ritenuta il paradiso della finanza. Di conseguenza considerata la terra promessa per gli investitori finanziari di tutto i paesi del pianeta. Quanto è venuto fuori a botte stappata circa l’effettiva proprietà delle componenti del sistema finanziario di quella Confederazione, ha creato allarme diffuso e ancor più pericoloso di quello con epicentro in California. Il perché è presto detto: gli arabi si sono rifiutati di sottoscrivere l’aumento di capitale della banca di Zurigo. I clienti si saranno posti il quesito oramai storico molto ricorrente tra chi opera nel sistema creditizio, da una parte e dall’ altra del bancone. Esso, ridotto al minimo, vuole esplicitare il contenuto della domanda retorica che potrebbe essere impostata come segue. I proprietari o gran parte di essi non hanno voluto investire in quella banca altri soldi. Ciò va preso come un segnale inequivocabile di mancanza di fiducia nei confronti della propria azienda. A questo punto i clienti si sentono nel giusto quando pensano che non avrebbe senso investire in qualcosa che non convince appieno gli stessi suoi diretti interessati nonché proprietari. Si ritorna così alla considerazione che quello bancario, da ambo le parti, è un rapporto fiduciario ancor prima di esserlo di affari. Volendo precisare con quanto appena scritto, che se al cliente è richiesto merito creditizio per lui e per chi gli fa da garante, alla banca possono essere richiesti dai depositanti solidità e dimostrazione di saper fare buon uso dei depositi. Più precisamente di saper gestire al meglio le cifre affidate a esse, con l’ossequio rigoroso dei principi della tecnica bancaria. Non si può azzardare in che modo si spegneranno i due grossi roghi che attualmente stanno bruciando. L’occasione dovrebbe servire ai banchieri centrali per dare una rilettura critica di quanto sin ora operato. Soprattutto in un momento come quello attuale, quando l’economia reale dovrebbe ricevere quanto è paragonabile alle terapie riabilitative somministrate a chi è stato vittima di un grave incidente. Si aggiunga che la politica monetaria, sia passata la ripetizione, va dosata con il contagocce e per periodi brevi. Quando la terapia intensiva è finita, il paziente ha bisogno di riabilitazione, quindi di trascorrere un adeguato periodo di convalescenza. Ciò vale senza ombra di dubbio nei confronti del sistema economico, che certamente non riceve alcun aiuto da una accelerata da 0 a 100 in pochi secondi, paragonabile allo sprint alla partenza di una vettura di F.1. Tanto riguarda principalmente uno dei costi più rilevanti per un’impresa, quello del denaro. Tutto quanto appena riportato non fa certamente bene alla ripresa, anzi. É difficile credere che gli attori di questa commedia ignorino tali rudimenti, soprattutto comprendere i motivi reali che stanno determinando quei comportamenti. La lotta all’inflazione è condizione necessaria ma non sufficiente, quindi occhio alla speculazione, sempre e ovunque potente e aggressiva.