IL REDDITO DI CITTADINANZA CAMBIA NOME IN MIA

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NUOVA LA MISURA SIMILE AL REDDITO DI CITTADINANZA, “MISURA INCLUSIONE ATTIVA” COSÌ MODIFICATA DAL GOVERNO

di Davide Sarno

Il governo in carica più volte ha contestato la concessione del reddito di cittadinanza, asserendo che andava che il beneficio così come concesso andava abolito perché gli italiani nella maggior parte si cullavano di questa concessione rifiutando qualsiasi posto di lavoro.  Ora lo stesso governo che predicava l’abolizione del privilegio economico istituito dal governo Conte, lo modifica facendolo diventare misura di inclusione attiva meglio conosciuto con l’acronimo MIA

La misura di inclusione attiva è simile al reddito di cittadinanza, solamente che restringe la platea dei beneficiari, che scende il brand di circa €2000 di ISEE passando così dai 9.360 euro a 7200 euro annui di ISEE. Il beneficio avrà una durata di 12 mesi rinnovabile per altri 6 prima che venga cessato il pagamento che si aggira da un minimo di € 375 a un massimo di € 500 a famiglia.

Questa misura di sostegno economico ci fa pensare che evidentemente il governo ha rivisto il proprio pensiero sul sostentamento di alcune fasce italiane che lottano contro la povertà, sicuramente è una misura che mira più all’inclusione lavorativa rispetto al reddito di cittadinanza, certamente ciò che più si dovrà capire se quanto predisposto dal governo attuale diventerà effettivo ovvero se i beneficiari in particolare che sono in età lavorativa, saranno avviati a seconda delle proprie capacità al lavoro e se risulterà più idoneo di quello che le famiglie percepivano antecedentemente cioè il reddito di cittadinanza.

È sicuramente un provvedimento che andava fatto, perché come ben sappiamo non tutti sono in grado di trovare un lavoro idoneo, impresa sicuramente non facile anche in considerazione come dicevamo prima dell’ età lavorativa.

Una cosa è certa tutti i governi prima o poi sono costretti a dare la giusta attenzione al problema della povertà che in Italia si fa sempre più evidente, vuoi per l’inflazione, vuoi per la disoccupazione, anche tanto per la carenza di posti di lavoro accentuatasi dal 2020 in poi dalla pandemia da Covid – 19 che ha sancito la chiusure di piccole, medie e grandi imprese.

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DAVIDE SARNO

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