L’ INDISPENSABILE, IL CIBO, E IL VOLUTTUARIO, LA MODA, I SETTORI CHE IDENTIFICANO IL BEL PAESE

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
Oggi a Milano si conclude la Settimana della Moda, organizzata dalla sua Camera, che la rappresenta in Italia e nel mondo. Nel corso degli ultimi tre anni, a causa della pandemia, la manifestazione ha subito battute di rallentamento quando non di fermo completo, almeno per la parte che prevedeva la presenza in loco di visitatori. Per l’edizione appena conclusa, l’afflusso è stato enorme- si stima a spanne oltre 100.000 presenze- da ogni parte del mondo e quel numero è una conferma attendibile di quanto valga nel mondo il brand Italia. Più precisamente, che dovunque si pronunci quella parola, gli accostamenti immediati che le fanno da sponda sono moda e cucina. Su quanto possa indurre a pensare chiunque rimanga incuriosito da tale accoppiamento alquanto bizzarro, c’è solo l’ imbarazzo della scelta. La condizione che chiunque possa disporre giornalmente di un’ adeguata quantità di cibo non solo all’ interno del Paese è imprescindibile. Altrettanto per una parte limitata, sovente facoltose, di persone è inevitabile la dipendenza, quasi fosse una droga, dal dernier crie della moda. Per quest’ultimo deve intendersi tutto ciò che, secondo una scala di valori continuamente rinnovata, fa qualificare uomini e donne á la page oppure out. Andando nello specifico, la Associazione dei Coltivatori Diretti fa sapere in maniera puntuale che sono più di tre milioni gli italiani che, senza aiuti economici di vario genere, solo con le proprie risorse non riuscirebbe a nutrirsi adeguatamente. Rientrano in questa realtá un numero significativo di minori. Per quanto la stessa EU si stia dando da fare anche con l’incentivare la messa a punto di tecnologie per realizzare preparazioni di sintesi da utilizzare come alternativa al cibo naturale, il problema é qui e ora. È noto dalla notte dei tempi cosa possa far scatenare nel sociale l’impossibilità di soddisfare almeno i bisogni primari. Ciò premesso, cosa c’entri la moda e l’attuale trend positivo del suo comparto con quel problema sociale, non è difficile da scoprire. Per quanto l’agroalimentare sia ai primi posti dell’attivo della bilancia commerciale, il valore aggiunto dei suoi prodotti, quindi l’utile che lo stesso porta a casa, non è paragonabile allo stesso indicatore dell’ export moda, se non per quello spuntato da alcune sue eccellenze. Con la differenza che quelle specialità incidono sul totale delle esportazioni con una percentuale quasi sempre a una cifra. Ne segue che anche il contributo in termini di prelievo fiscale dall’agroalimentare è più che contenuto. Stando così le cose, le provvidenze nazionali che possono essere destinate agli aiuti, veri e propri presidi di sussistenza per gli italiani, subiscono limitazioni consistenti. Esse, in qualche modo, vanno a ricollegarsi alla contenuta contribuzione del settore agroalimentare alle finanze dello stato. Si verifica invece l’esatto contrario per tutto ciò che, nell’immaginario collettivo, domestico e non, faccia Italian Life Style. Pertanto gli italiani devono augurarsi che questa situazione proceda spedita nel suo corso. Circa la validità di quanto appena riportato, giunge conforto da esperienze vissute agli inizi del secolo scorso, originate da fatti accaduti in Europa. Quelli con più punti di comparazione con gli analoghi della situazione attuale accaddero in Germania. All’ indomani della fine della Grande Guerra, la prima delle due mondiali, quel paese, in epoca moderna qualificato particolarmente ricco, si trovò assalito da un inflazione galoppante. Fu talmente deleterio il suo effetto che la stampa satirica dell’ epoca usava riportare banchieri e imprenditori di quel paese nelle spoglie di maiali con tanto di marsina e di bombetta. Gli stessi, per andare al ristorante, dovevano caricare i marchi occorrenti per pagare il conto nelle carriole. Non immaginavano, quegli umoristi, che di lì a poco sarebbero state le mezzene di maiale più qualificate, quelle che avevano al loro interno più carne pregiata, vendute all’ estero che avrebbero fatto entrare in quel paese valuta di qualità e meno inflazionata.
Contemporaneamente la popolazione tedesca si sarebbe nutrita con le parti meno pregiate, pertanto di minor valore. Fu anche così che Berlino si tirò su per arrivare in buona forma psicofisica all’inizio della seconda guerra mondiale, anche se ne uscì sconfitta. È vero che le ricette non sono tutte ripetibili e sta alla sapienza e alla volontà dell’esecutore di ripetere il successo della preparazione originale. Al momento questi due requisiti non sono disponibili. Lo potrebbero essere non a lungo, sempreché gli attori della triste vicenda in corso non mollino le redini del carro che stanno mantenendo lungo la discesa. Non sarà facile, ma bisogna quanto meno provare, anche per non avere scrupoli nei confronti di chi verrà dopo.