LE INFORMAZIONI ECONOMICHE RIGUARDANTI L’ITALIA E ANCHE IL RESTO DEL MONDO: TALVOLTA FALSATE, ALTRE VOLTE STRUMENTALIZZATE

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
Lunedì sera la Premier Meloni è ritornata dalla battuta di caccia al gas durata due giorni scarsi in Algeria con il carniere pieno più che a sufficienza. Riapre così il cantiere chiuso dopo la scomparsa del Presidente dell’ ENI Mattei, che aveva ipotizzato la costruzione di un’ autostrada ideale che avrebbe dovuto collegare l’Europa con l’Africa. Come tutte le grandi arterie, anche quella ipotizzata da Mattei sarebbe dovuta essere a doppio senso, con una intensità di traffico nei due sensi di marcia teso a equipararsi. Nella sua ipotesi, coerente con la concezione già messa in atto con la conclusione degli accordi con la Persia, oggi Iran, per la fornitura di idrocarburi, gli accordi economici dovevano essere conclusi con condizioni onorevoli per entrambi i contraenti. Fino al primo dopoguerra il comportamento degli acquirenti era stato di tutt’altro genere. Riprese con le stesse caratteristiche, dove possibile migliorate, con la Francia ai tempi del conflitto con l’Iraq, quando Parigi si confermò per Teheran primo fornitore di automezzi militari oltreché d’opera. Riflettendo quel tanto che basta, si nota con facilità che, in un ipotetico confronto con il metodo usato prima di quello di Mattei, il patto leonino sarebbe sembrato un po’ squilibrato o poco più. Con il suo modo di concepire i rapporti con il terzo mondo, Mattei cominciò a crearsi inimicizie che, a distanza di poco tempo, gli si ritorsero contro. Ritornando con l’attenzione al viaggio della premier italiana in Algeria, evitando con cura di argomentare in maniera romanzata o indulgente al complotto, certamente qualche fastidio ai cugini di Oltralpe non tarderà a essere sottolineato dal loro Premier. Per comprendere l’origine di tanto, peraltro solo pour parler, bisogna ritornare con il pensiero ai primi anni ’50, quando l’ Algeria era probabilmente il più ricco dei Terroirs d’autre mair della Francia del Generale De Gaulle. Parigi dovette sgombrare definitivamente Algeri dai suoi emissari a metà di quel decennio e il distacco non avvenne con il sorriso sulle labbra né dall’una nè dall’altra parte. Si erano verificati diversi “affaires”, termine che in italiano è traducibile con intrigo o manfrina, che avevano minato alla base anche l’ipotesi di un partenariato che avrebbe reso possibile la prosecuzione di collaborazioni economiche a tutto tondo. Da aggiungere che la Francia è stata sempre particolarmente interessata ai prodotti dell’agricoltura algerina, tant’ è che aveva incentivato il trasferimento in quella nazione di contadini del Midì, che presto furono denominati Pieds Noirs. Con la conclusione delle intese dei giorni scorsi, il punto di riferimento in Europa per l’ Algeria si é confermato essere l’ Italia. Rispetto ai primi approcci del periodo Mattei, quando era appena iniziato il cammino che avrebbe condotto, dopo diversi passaggi politici, alla creazione della EU, il riallaccio fattivo di Roma con Algeri, iniziato con Draghi e proseguito dalla Meloni, assunse importanza e rilievo che andranno ben oltre i confini nazionali. L’ operazione in corso, denominata in maniera appropriata Piano Mattei, potrà essere considerata, se arriverà a conclusione, una forma di rivoluzione copernicana. Per dirla con l’espressione del caso, punto di approvvigionamento per tutta la EU e oltre sarà il Nord Africa, consentendo ai paesi membri di liberarsi dal giogo del Cremlino. Tra le righe dei dossier che la Premier ha riportato a Roma è leggibile qualcosa che rafforza il collegamento di quanto il Paese sta facendo per implementare il partenariato con quella parte dell’Africa. Sicuramente comprenderà anche il problema dei profughi, con l’intento di attutire anche le cause a monte del fenomeno. Perché quel paese del Nordafrica possa divenire il principale fornitore europeo a stretto giro, cioè entro il prossimo anno, saranno necessari investimenti tecnici su tutta la rete di captazione e conduzione del gas, dal sottosuolo del deserto africano fino ai terminal in Sicilia e nel Sud della Penisola. L’ Italia, tramite l’ENI e la SNAM, è tra i leaders mondiali del settore impiantistica. In più le due realtà imprenditoriali sono presenti in quella parte del Continente Antico fin dall’ inizio delle ricerche minerarie. Quindi l’introduzione della tecnologia italiana in quel settore ha già dato buona prova di sé.
Implicitamente, probabilmente nemmeno programmata, la Primo Ministro tricolore con la sua toccata e fuga, in contemporanea con quella in Egitto del Ministro degli esteri Tajani, può dare l’idea dell’inizio di un allineamento del Paese a un comportamento che vede protagonisti a campione molti altri di tutti i continenti. Da almeno un decennio la Cina, come sta facendo in ordine sparso su tutta la superficie del pianeta, sta conducendo una campagna acquisti di beni immobili, fondi e infrastrutture. Il primo dei continenti in cui Pechino ha iniziato a investire è stato appunto l’Africa. Ha fatto di più: si è data disponibile a finanziare infrastrutture a quelle latitudini, inserendo nei relativi contratti clausole capestro. Alcune di esse prevedono che, in caso di ritardo nei pagamenti, la proprietà del cespite venga trasferita senza possibilità di alternative, in testa al governo di Pechino. Non in modo analogo, comunque in maniera consistente, sarà bene che l’ Italia si attivi, proponendo partnership come quella algerina, seppure con oggetti diversi. Tanto può essere preso in considerazione fin d’ora, in sintonia con il pensiero villico che vuole che chi prima arriva, sarà accolto meglio. Badando bene che non si tratti di una edizione riveduta e corretta della Campagna d’Africa condotta durante il ventennio, piuttosto di una sonata di piano a quattro mani. Precisando che a nessuno dei due pianisti converrà suonare non ispirato in maniera corretta. Altrettanto la coppia dovrà evitare stonature: comprometterebbe la riuscita dell’ensemble, oltre il prestigio di ciascuno dei due musicisti.