LA CINA SI ALLONTANA. DOPO LA CONCLUSIONE DEL CONGRESSO DEL PARTITO, LA SUA CORSA ACCELERERÀ IL PASSO: HA GIÀ INIZIATO

LA CINA SI ALLONTANA. DOPO LA CONCLUSIONE DEL CONGRESSO DEL PARTITO, LA SUA CORSA ACCELERERÀ IL PASSO: HA GIÀ INIZIATO
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APPUNTI E SPUNTI DA PONTE

di Domenico Ocone

L’Italia è da tempo governata sotto l’egida della democrazia, la stessa grande ricchezza che dalla metà del secolo scorso posseggono anche gli altri paesi europei e non solo essi. Spostandosi verso oriente, quella parola o non è conosciuta affatto o il suo significato è male inteso. In Cina, chi è al potere, ritiene che quel termine possa essere trovato solo nei vocabolari delle lingue occidentali. E non è il solo, quel subcontinente, dove questo stato dei fatti è presente e tenta di rinforzarsi a ogni occasione propizia. Così chi sabato ha avuto modo di trascorrere la mattinata davanti alla TV, ha potuto assistere a almeno quattro tipi di interpretazioni di come possa essere gestito il potere. A Roma, a Palazzo Chigi, la nuova Capo del Governo ha giurato fedeltà alla Costituzione e così hanno fatto i ministri da lei scelti, nelle mani del Presidente della Repubblica. Non è superfluo precisare che, dopo alcune esperienze di premier e di governi composti per buona parte da personaggi non eletti dal popolo, questa volta l’esecutivo rappresenta, o almeno dovrebbe, l’espressione autentica del risultato delle urne. Quale altra manifestazione di democrazia può superare una vicenda del genere? Rimanendo in Europa, precisamente in Inghilterra, al n°10 di Dowing Street a Londra, da qualche tempo c’è un avvicendamento di primi ministri come non si ricordava a memoria d’uomo. Sempre con il massimo ossequio rivolto alla

espressione della volontà degli elettori, che, ciononostante, restano perplessi. Se sono conseguenze in parte riconducibili alla scomparsa della Regina, è ancora presto per dirlo. Per gli inglesi non esistono barriere per esprimere la propria opinione: da anni hanno a disposizione, all’ interno di Hyde Park, lo Speaker Corner, l’angolo dove chiunque può esprimersi in completa libertà di parola, senza alcuna remora. Dal canto suo, è questo il caso di dire “da dove si trova”, Elisabetta II° non sarà proprio serena. Si starà chiedendo come mai sull’isola stia accadendo quanto fin qui esposto e molto altro ancora, finendo con l’arrendersi all’evidenza dei fatti. Spostando l’attenzione a Pechino, si è assistito a tutt’altro spettacolo, per niente tranquillizzante. Il congresso del Partito Comunista si è chiuso con una vera e propria restaurazione. XI Jimping, segretario generale uscente, è stato riconfermato per la terza volta, autoproclamandosi in tal modo imperatore, pur senza pronunciare esplicitamente quel titolo. Da sabato a tornare indietro nel tempo fino all’ epoca di Mao Tse Tung, è giusto un passo, logicamente all’ indietro. Con l’aggiunta che, nel frattempo, il contenuto del suo Libretto Rosso si è ampliato di parecchio. Quindi nell’ immaginario collettivo dei cinesi, così come è stato fatto credere loro dal direttorio, la parola democrazia resterà ancora a lungo qualcosa di astruso, tuttalpiù riferibile a un genere di commestibile. Un’ anteprima dell’accelerazione della stretta di redini e del conseguente cresciuto autoritarismo, la popolazione mondiale, fatta eccezione per quella cinese lasciata con proposito all’oscuro, ha potuto constatarla mentre era in corso quell’assemblea. Tutto il mondo ha avuto modo, con rammarico, di prendere visione in diretta di un fuoriprogramma (o no…?) concretatosi mentre quell’ assise si avviava a conclusione. Due commessi, con fare discreto ma risoluto, si sono avvicinati all’ ex presidente per due mandati, Hu Jintao, ormai vicino alla ottantina. Era stato seduto, fin dall’ inizio dell’assembla alla sinistra di XI, essendone stato il predecessore e ritenuto dai più un moderato. Dopo che questi non si è alzato su invito di quegli inservienti, è stato preso dagli stessi e sollevato per le braccia, quindi condotto fuori della sala. XI ha osservato tutta la scena senza batter ciglio. Quello squallido spettacolo avrà senz’altro riportato la memoria di chi lo ha visto a un film su Al Capone, ormai un po’ datato ma non per tanto meno efficace. Una delle scene clou è quella in cui quel boss convoca in una grande sala un vertice delle “famiglie”, al fine di tentare di concretare un accordo di pace. Quando sembra che il risultato sia stato ottenuto, il Boss padrone di casa ammazza a freddo uno dei convenuti. Mutatis mutandis, grande differenza tra i due episodi è difficile riscontrarne. Ciò fa pensare che la crisi tra est e ovest del pianeta andrà certamente a accentuarsi ancora di più. Quanto narrato fin qui non è tutto per quanto riguarda l’assenza di democrazia a oriente. In Iran, difatti il grado di violenza nei confronti di chi sia solo sospettato di essere un sostenitore della libertà, finisce, soprattutto se donna, inevitabilmente con il determinarne la soppressione, peraltro con sistemi più che crudeli. Il problema che interessa più da vicino l’Europa e quindi l’Italia, è quanto sta accadendo nei pressi del suo confine con la Russia, precisamente in Ucraina. Al momento non si intravedono sbocchi che possano permettere di raggiungere una parvenza di normalità per la particolare dicotomia tra quei due stati e quindi riprendere il dialogo da dove si è interrotto. Domenica, per non perdere l’abbrivio preso, subito dopo il passaggio della campanella, la premier Meloni ha presieduto il suo primo Consiglio dei Ministri. Bella prova di efficienza, con l’augurio che possa durare lungo. Il Paese ne ha un bisogno enorme.

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