PUÒ CAPITARE CHE TALVOLTA SI PROVI, SEPPURE IN BUONA FEDE, A SPEGNERE IL FUOCO VERSANDO SU DI ESSO BENZINA.

UNO SGUARDO DA PONTE
di Domenico Ocone
Nella giornata di mercoledì è arrivata da oltreoceano la notizia che si attendeva ormai da giorni: la FED, l’istituto centrale di emissione degli USA, ha alzato il tasso di interesse del dollaro di un ulteriore 0,75%. Ciò significa che, al momento, chi prende in prestito il biglietto verde deve sapere che il costo di tale operazione in ragione d’anno è di un minimo teorico del 2,5 %. Il Presidente di quell’istituto ha precisato che tale provvedimento si è reso necessario perché l’inflazione in quel paese, in linea con quanto sta accadendo nel resto del mondo, è ormai arrivata a un livello non sostenibile per un sistema economico provato in modo particolare dalla pandemia e dagli eventi bellici in corso nell’Europa dell’est. Qualcosa del genere era stata messa in atto alcuni giorni or sono dalla BCE e la Presidente La Garde aveva commentato i presupposti che avevano indotto quell’istituto a aumentare il tasso di interesse dell’euro, non completamente simili a quelli esistenti al di là dell’Atlantico. Riassumendo a spanne la situazione, la prima considerazione fatta dagli addetti ai lavori è che l’origine del fenomeno nel Vecchio Continente è diversa da quella analoga oltreoceano. Non che ciò debba essere accettato come un dogma, ma non è questa la sede in cui poter fare discettazioni che abbiano un minimo di attendibilità. La prima sensazione che prova un osservatore appena informato di queste manovre potrebbe essere quella di paragonare il caso a quello dell’ubriaco al quale venga versato ancora vino per farlo ritornare sobrio. Entrambi i macrosistemi economici sono afflitti da una contrazione non comune della loro produzione interna lorda. Non che nel resto del mondo, vale a dire nell’area Brics allargata, le cose vadano in maniera molto differente, ma anche nelle masserie si tramanda di padre in figlio una regola di comportamento che ben si adatta all’argomento in oggetto. Essa vuole che, in caso di incendio, vada messo in salvo prima il proprio pagliaio, subito dopo si può iniziare a prender cura di quello del vicino. A questo punto è opportuna una precisazione: niente di quanto fin qui scritto e quanto segue è stato esposto con sentimenti di contraddizione. Ciò equivarrebbe alla presunzione di voler indicare ai gatti come si fa a salire sugli alberi. Vale, per quel che può valere, come una chiacchierata tra amici che stanno bevendo insieme una bibita. Altrettanto varrà per l’operato, peraltro frenetico, del governo italiano in liquidazione. Il Professor Draghi sta cercando di organizzare un commiato sereno con gli italiani di ogni classe sociale. Sta usando una metodologia che fu tipica di Confindustria negli anni ’80: il consenso, ossia la partecipazione alle scelte di politica industriale di fasce ampie delle parti sociali. Allora la formula ebbe un certo successo, riproporla è un bell’atto di coraggio del governo. I fatti. Senza fare altri debiti, ripescando tra le pieghe del bilancio dello Stato, il governo è riuscito a trovare ancora quattordici miliardi di euro. Esposta così, tale operazione ricorda molto la colazione che i trebbiatori facevano durante la pausa mattutina. Essa era (auto)servita alle nove e era composta da pomodori, cipolle e fave. Una volta che l’avevano mandata giù con religiosa calma per non perdere nulla dei suoi profumi, gli stoici braccianti procedevano al ripasso, cioè a recuperare quanto fosse rimasto tra le bucce. Talvolta mangiavano anche queste ultime. Il problema che deve risolvere il governo é come sfamare i cento cavalli per i quali gli zingari chiedono fieno. Nella situazione specifica gli zingari non sono solo i sindacati ma buona parte degli italiani ridotti quasi allo stremo per cause non attribuibili a loro. Se tanto è vero, come senz’ altro corrisponde alla realtà, sono due le situazioni delle quali bisogna prendere atto: la moltiplicazione dei pani e dei pesci fu uno special, quindi credere che possa essere ripetuto è solo peccare di ingenuità. Se si accetta tale ipotesi, non si possono avere dubbi che il postulato ad impossibilia nemo tenetur, era valido nella Roma dei Cesari e lo è ancora oggi. È anche vero che la natura, soprattutto nei confronti del Bel Paese si sta dimostrando particolarmente matrigna e sempre meno madre. Può servire solo a consolarsi che quanto sta accadendo è paragonabile al comportamento di una madre alla quale i figli hanno mancato troppe volte di rispetto. Pensando quindi che, proponendosi a essa in maniera diversa, l’umanità potrà riceverne solo vantaggi. Ritornando con i piedi per terra, si deve prendere atto che la grandinata che mercoledì ha tormentato il centro e il settentrione della Penisola, ha dato una batosta al sistema vigneto del Paese che è stata anche essa come benzina sul fuoco: basti pensare al peso del prodotto vino nell’export agro-alimentare italiano. Anche per quanto appena accennato nulla è addebitabile ai viticoltori. Già da tali descrizioni, poco al di sopra dei commenti dei cosiddetti humarel, si può trarre la conclusione che al round in corso tra gli italiani e l’andamento dell’economia reale nel Paese si possa ricorrere solo all’arbitraggio di algoritmi o, altrettanto temerariamente, far conto solo sulla leva monetaria. Potrà sembrare la scoperta dell’acqua calda, ma se la produzione del Paese non riprende a crescere non nell’ordine di decimali di una cifra percentuale, i vari proclami sguaiati che stanno provenendo da certa parte della politica avranno valore concreto di poco superiore ai dialoghi delle Carmelitane Scalze. Fermo restante il presupposto che non esistono ricette magiche per risolvere la situazione, nè tanto meno si potrà fare affidamento sull’italico stellone. Un comportamento di valido aiuto per gli italiani potrebbe essere quello suggerito da pochi giorni dalla Commissaria Von Der Leyen in occasione del varo del provvedimento di auto riduzione del consumo del gas. Tenendo a debita distanza il concetto di autarchia, facendosi bastare, necessariamente per un periodo breve, quanto hanno nella loro disponibilità, gli italiani potrebbero offrire un buon contributo allo sblocco della situazione. Non basterebbe, ma sarebbe certamente di aiuto, quanto meno perché ratificherebbe un cambio di passo sostanziale della società che popola il Giardino d’Europa.