Beirut, Libano, 4 agosto
(AP Photo/Hassan Ammar/LaPresse)
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“SEMBRA IL GIAPPONE DI HIROSHIMA O NAGASAKI”, DICE IL GOVERNATORE MARWAN ABBOUD. IL BILANCIO, PROVVISORIO E IN CRESCITA, È DI OLTRE 135 MORTI E 5MILA FERITI, TRA CUI UN MILITARE ITALIANO, SEPPUR IN MODO LEGGERO
DI CARLOTTA PISCOPO
Nel pomeriggio del 4 agosto nella zona portuale di Beirut una tremenda esplosione si è avvertita in tutta la città quasi del tutto rasa al suolo. Questa doppia deflagrazione è partita da un deposito nel quale erano stipate 2750 tonnellate di nitrato di ammonio sequestrato, pare, ad una nave russa e conservato lì da anni, un prodotto usato come fertilizzante ma anche per preparare esplosivi. I morti ed i feriti non si contano, occorre sangue di qualunque tipo ma anche viveri, indumenti e materiale sanitario. Lo scoppio e il successivo spostamento d’aria hanno investito anche la sede della Caritas, provocando danni ad almeno 10 piani del palazzo che la ospita, ma risparmiando sacerdoti e operatori al suo interno, rimasti incolumi. L’ente cristiano si è attivato per distribuire le prime scorte di cibo e di medicine, assieme ai vestiti. Oltre alle necessità materiali, in questa fase è fondamentale il sostegno psicologico alle persone colpite e ai familiari delle vittime. “Vi sono persone “che ancora non hanno certezze sulla sorte di amici e parenti”. “Sembra il Giappone di Hiroshima o Nagasaki”, dice il governatore Marwan Abboud. Il bilancio, provvisorio e in crescita, è di oltre 135 morti e 5mila feriti, tra cui un militare italiano, seppur in modo leggero. “Oltre 300mila persone sono rimaste senza casa”: lo ha detto il governatore della città precisando che, secondo una prima stima, i danni materiali ammontano a oltre tre miliardi di dollari. Lo scoppio ha causato gravi danni in circa la metà del territorio cittadino. Varie nazioni, si sono attivate per fornire i primi soccorsi; l’Italia ha deciso l’invio di due aerei C-130J dell’Aeronautica militare, appartenenti alla 46/a Brigata Aerea di Pisa. A bordo un team composto da Vigili del fuoco e personale dell’Esercito italiano specializzato. Risulta quindi, un incidente e non un attacco terroristico, seppur con i contorni che farebbero pensare alla seconda ipotesi dato che il Libano non è mai stata terra immune da attentati.
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